BOLOGNA – Gli esami non finiscono mai, ma continuare a passarli a pieni voti diventa, giorno dopo giorno, una piacevole consuetudine che provoca assuefazione ed a cui è sempre complicato rinunciare. La Lube, a Bologna, lo ha dimostrato: vincere aiuta a vincere, farne a meno è sempre più difficile e le criticità che si presentano sono solo un volano per reperire, al momento opportuno, le energie migliori per superarle di slancio.
Arrivata in finale di Coppa Italia, in un Unipol Arena riservata agli addetti ai lavori, dopo i ‘cappotti’ rifilati nei quarti a Padova ed in semifinale a Modena, la squadra di coach De Giorgi ha mostrato ancora una volta la sua solidità nell’atto conclusivo di una manifestazione, peraltro dopo un biennio trascorso a fare incetta di amare medaglie d’argento che ora, a suon di…’tituli’, sembra solo uno sbiadito ricordo. Ne fa le spese Perugia, giunta al terzo k.o. consecutivo nei confronti diretti con la Lube dopo quello del PalaBarton in regular season e di Tours nella bolla di Champions, e pronta a giocarsi il trofeo dopo aver strapazzato Trento ventiquattro ore prima a suon di aces e di fucilate sparate da un Leon stratosferico.
Approccio alla sfida perfetto, con l’attenzione a muro ed in difesa (Balaso straordinario nell’arco dell’intera gara, capace di sovrastare in efficienza il suo dirimpettaio Colaci) necessaria per soffocare l’iniziale esuberanza offensiva degli umbri, che nella frazione inaugurale hanno chiuso con un pallido 24% in schiacciata. Secondo set in affanno, con un Leal stranamente sottotono (si congederà con 12 su 29 in attacco e 23% in ricezione, con feedback però migliori dai nove metri ed a muro) e dall’altra parte della rete Plotnytskyi a scavare il solco con i suoi servizi mancini decisivi per permettere alla Sir Safety di guadagnare margine nella fase centrale della frazione.
Ma è dal terzo set in poi che inizia ad emergere la forza di una squadra di acciaio: la cavalleria si presenta coi muri di un Simon illegale (ne piazzerà otto, tre consecutivi nel devastante allungo che proietta i biancorossi sul 19-11), le sberle di un Rychlicki protagonista di una Final Four con fiocchi e controfiocchi (30 punti in due partite, sopra il 60% di efficacia offensiva complessiva oltre a tre muri ed un ace) e la direzione d’orchestra impeccabile di De Cecco, che stravince il confronto a distanza con Travica.
A Perugia non basta il rientro (graditissimo) di un Atanasijevic generoso, ma distante dalla miglior condizione e pertanto non ancora utilizzabile stabilmente come leader in campo, come sicura alternativa a Leon nelle situazioni di palla scontata e come garante di esperienza nelle sfide corpo a corpo, caratteristiche del suo Dna e che sarebbero servite come il pane al tecnico della Sir, Vital Heynen. La presenza del capitano degli umbri non scalfisce neanche un po’ le granitiche sicurezze di Civitanova che nel quarto schizza addirittura sul 13-5 in avvio, rendendo l’ultima porzione di finale una passerella per i biancorossi che mettono in bacheca il ventitreesimo trofeo, la settima Coppa Italia, la seconda consecutiva a distanza di quasi vent’anni dal primo trionfo societario (era il 4 febbraio del 2001, coccarda tricolore conquistata al PalaRossini di Ancona).
L’immediato futuro ha ancora la sembianze di Perugia. Sia in campionato – mercoledì all’Eurosuole Forum nel penultimo incontro di regular season che potrebbe decidere la prima posizione in SuperLega – che in Champions, con la bolla della prossima settimana organizzata proprio dagli umbri al PalaBarton insieme a Tours ed Arkas Izmir. E poi c’è il futuro prossimo: con la partenza di Leal che sono in parecchi a dare per molto probabile, se non addirittura certa (c’è Modena in pressing), i presunti sondaggi per il francese Rossard e l’indiscrezione legata al clamoroso ritorno di Ivan Zaytsev in riva all’Adriatico, così come le voci di un…arrocco di stampo scacchistico che porterebbe De Giorgi sulla panchina della nazionale e Blengini su quella biancorossa.
Che siano semplici ipotesi o anticipazioni dello scenario che si presenterà all’inizio della prossima stagione, è ancora presto per dirlo. Intanto, ci sono altri esami da affrontare. Da superare. Con la certezza che quelle buone abitudini, che dalle parti di Civitanova fanno rima con vittoria, non devono essere abbandonate.